Da quando mio padre fu barbaramente ucciso la sera del 27 marzo 1981 noi familiari, tranne che in qualche rara occasione, abbiamo preferito non parlare della nostra tragedia.
Abbiamo preferito il silenzio dignitoso nel rispetto di ciò che mio padre un giorno mi disse : “Se dovessi morire, quale che sia la ragione, voi figli dovrete solo rimboccarvi le maniche e imparare a camminare con le vostre gambe in silenzio e con dignità”.
Queste parole mi rimbombano nella mente tutti i giorni. Posso dire che tale messaggio paterno sia stato rispettato in pieno sia da me che da mio fratello Luigi. Siamo entrambi avvocati, di due fori diversi, e portiamo la nostra toga con onore come una seconda pelle, sebbene orfani d’arte e orfani di un grande padre e di un grande maestro di vita.
Mio padre morì a soli 51 anni. Oggi, pertanto, posso finalmente uscire allo scoperto e parlare di lui; oggi che sono un avvocato da tanti anni ormai e che ho costruito qualcosa di esclusivamente mio e con le sole mie forze.
Io e Luigi siamo stati privati di nostro padre quando eravamo ancora tra i banchi di scuola. Il destino è stato orrendo per noi due. La sua morte ingiusta e violenta avrebbe distrutto qualsiasi famiglia, qualsiasi speranza, qualsiasi figlio, qualsiasi futuro. Invece no. Io e mio fratello siamo andati avanti da soli ricominciando anni dopo tutto daccapo, memori della forza interiore e degli insegnamenti di nostro padre.
Abbiamo scelto di tenere quasi “nascosta” la vicenda di nostro padre, di non parlarne quasi mai in pubblico, per non cullarci sugli allori, farci compatire o restare schiacciati da un ingrato e improbabile confronto.
È stata una scelta di dignità. È stata la mossa vincente per concentrarci e profondere il massimo sforzo per il raggiungimento dei nostri obiettivi umani e professionali ad alti livelli. Era questa la vera strada per onorare Dino Gassani.
A carriera abbondantemente avviata, dopo un’intera vita trascorsa così, possiamo finalmente uscire allo scoperto e rendere il doveroso omaggio a nostro padre Dino Gassani. Lo facciamo non solo con l’orgoglio di figli, ma anche con l’orgoglio di avvocati.
In famiglia siamo tutti perfettamente consapevoli che nostro padre è stato un eroe del mondo forense nazionale. La medaglia d’oro al valor civile è assolutamente niente rispetto al consapevole sacrificio di nostro padre.
Dino Gassani è uno dei momenti più alti del riscatto morale e sociale dell’intera avvocatura degli ultimi anni.
Quando ingiustamente la categoria degli avvocati viene bistrattata in blocco o sottovalutata, ci si ricordi sempre dei martiri dell’avvocatura. Guai a dimenticarsene. Sono loro che onorano la toga e che riscattano l’intero mondo forense.
Ci sono avvocati che hanno compiuto lo stesso identico sacrificio di Falcone e Borsellino, che non hanno ceduto alle minacce e ai ricatti della malavita organizzata e del terrorismo e che sono morti come in un campo di battaglia.
Direi che la vicenda di mio padre addirittura non abbia uguali. Nostro padre è stato forse l’unico a sapere con certezza chi lo avrebbe mandato a uccidere e perché.
Papà è stato un eroe perché provava dentro di sé il sentimento della paura. Aveva paura. Non era un incosciente o un fanatico. La paura e la consapevolezza di un destino inevitabile rende davvero eroi. Chi non ha mai paura è solo un pazzo incosciente.
Nessun altro omicidio eccellente può essere paragonato a quello di Dino Gassani (e del suo segretario Pino Grimaldi) per quanto concernono le ragioni che lo hanno determinato e la consapevolezza delle vittime dell’imminente olocausto.
E questo non vuole essere un mero paragone sul peso morale del sacrificio tra questi tanti grandi uomini e martiri, quanto piuttosto il voler rimarcare giustamente che proprio dall’avvocatura (non quella degli azzeccagarbugli) e da Dino Gassani è partito un potente messaggio di lealtà e di dignità all’intera nazione.
Un messaggio che ha devastato e nel contempo onorato una intera famiglia, che ha reso tutto faticoso e in salita a noi figli, un messaggio però che non può non essere patrimonio di tutta la società.
Se avessimo voluto avremmo potuto scrivere la storia di Dino Gassani nei minimi dettagli, come quella di Ambrosoli. Qualcuno ci aveva contattati per progettare un film o una fiction.
Abbiamo sempre detto di no. Noi Gassani siamo fatti così.
Anzi, a pensarci bene, la storia di Dino Gassani sarebbe stata ancora più incredibile da raccontare in un film.
Ricordo che qualche mese prima di morire mio padre ci disse chiaramente che temeva per la sua vita. Era moralmente a pezzi. Da pochi mesi avevano assassinato il suo amico e collega Marcello Torre, penalista e sindaco di Pagani.
Papà aveva capito che la malavita ormai non aveva più regole e che era diventata spietata e sanguinaria perché non aveva un programma preciso. Gli anni ’80 furono questi. Cutolo e la NCO determinarono l’imbarbarimento della camorra.
Per noi figli assorbire la consapevolezza del pericolo in cui versava nostro padre fu terribile, una sorta di conto alla rovescia verso un dramma, una violenza inaudita contro la legittima spensieratezza di due adolescenti.
Non credo che sarebbe possibile descrivere, nemmeno per un grande scrittore, il senso di terrore e di impotenza che possono provare due ragazzi davanti alla morte annunciata del loro genitore in un contesto come quello campano degli anni ’80, ormai trasformatosi nel Far West dell’Europa e del mondo.
È assolutamente certo che una siffatta tragedia, accentuata dall’attesa dell’evento, abbia trasmesso a me e a mio fratello una forza sovraumana, quella tipica di chi sta per affogare.
Certamente continueremo da oggi in poi a raccontare la vicenda di Dino Gassani (e del suo fido segretario Pino Grimaldi). È un impegno solenne.
Abbiamo in mente di creare una fondazione, organizzare iniziative e borse di studio in memoria di Dino Gassani per conservare il suo messaggio meraviglioso.
Tuttavia c’è da augurarsi che anche le istituzioni, il mondo forense e la gente non dimentichino il sacrificio eroico di Dino Gassani.
Certi sacrifici non possono cadere nel dimenticatoio. Essi sono un esempio troppo grande.
E quando una società dimentica i propri eroi non è altro che una società malata.
Gian Ettore Gassani