27 MARZO 1981 – 27 MARZO 2021
Ognuno di noi si porta dentro cicatrici indelebili che fermano il tempo. Ognuno di noi deve resistere e cercare di andare avanti, nonostante tutto.
Quella maledetta sera di tanti anni fa papà mi chiese di andare a prendere la sua bici. Il giorno dopo avrebbe voluto passeggiare tra i suoi pensieri sul lungomare.
Quando tornai a casa, trovai centinaia di persone sotto al portone, e poi ambulanze, polizia, carabinieri. Qualcuno piangeva.
Capii subito cosa era successo e scaraventai la bici a terra per correre su da papà. Mi corse incontro mio fratello Luigi che aveva trovato papà morto seduto davanti alla sua scrivania, come se fosse ancora vivo, e Pino Grimaldi, il suo meraviglioso segretario riverso a terra.
Avevamo vissuto nel terrore almeno da due anni. Tanti altri avvocati erano stati uccisi dalla malavita, e così giornalisti, sacerdoti, poliziotti, carabinieri, gente comune.
Papà ci aveva confidato di essere in pericolo. Non c’è nulla di più devastante che avere la consapevolezza di un pericolo così grande. E’ stata durissima e lo è ancora oggi. Poi il processo, la condanna all’ergastolo degli assassini, la medaglia d’oro al valor civile inviata al Prefetto dal Presidente della Repubblica, le commemorazioni e le lapidi. E poi la mia fuga a Roma, e poi il mio ultimo processo da penalista in cui rappresentavo la parte civile della famiglia di un altro grande Avvocato come Marcello Torre, assassinato anche Lui dalla malavita. Vinsi il processo e Cutolo fu condannato all’ergastolo. Poi, dopo quel processo, decisi di andare via per sempre e costruirmi la mia vita e la mia identità, decidendo di seguire la mia strada senza voltarmi indietro, lasciando per sempre la mia terra.
Quando penso a papà, penso a mia madre. Che da sola è riuscita a farci andare avanti con il coraggio delle donne.
Una medaglia d’oro la merita anche Lei per la forza, la pazienza, l’amore che ci ha trasmesso. E penso alla famiglia di mamma che ci è stata vicina e non ci ha mai abbandonati quando stavamo per sprofondare. Questa tragedia ci ha resi ancora più uniti.
E ogni giorno penso a Pino, il segretario di mio padre, un uomo dolcissimo che diceva sempre “io morirò con tuo padre”.
Papà è stato l’essenza della sacra funzione dell’Avvocato. La stella polare di tutto il mondo forense italiano.
Nonostante i suoi tanti impegni professionali è stato un vero padre, sempre presente nei momenti importanti. Lo ricordo in salone, sdraiato sul divano con i fascicoli tra le mani mentre studiava un’arringa. Voleva stare a casa con noi, far sentire la sua presenza a tutti i costi.
Ho tenuto nascosta questa parte della mia vita fino a qualche anno fa. Non ne avevo mai parlato con nessuno, nemmeno con i miei collaboratori e Colleghi dell’AMI. Solo ultimamente ho raccontato la verità a mia figlia che pensava che il nonno fosse morto per una malattia.
La mia famiglia ha sempre taciuto questa ferita immane. Mia madre ha sempre dignitosamente rifiutato i riflettori e i giornali.
Poi l’incontro con Rita Dalla Chiesa, mi ha dato il coraggio di raccontare di mio padre, perché la memoria è un valore sacro.
Gli esempi in un mondo difficile sono la medicina per le nostre coscienze.
Oggi con un nodo in gola farò finta che per me sia un giorno come gli altri.
Ancora una volta mi toccherà combattere con i ricordi.